Che cosa è il GIS e come lavora?
Il termine GIS (o SIG = sistema informativo geografico) compare per la prima volta nel panorama mondiale nel 1968, ed include la gestione ed elaborazione di dati ed informazioni correlate o correlabili a coordinate spaziali.
Ciò significa che qualsiasi dato che riguarda un oggetto fisico può essere utilizzato per elaborazioni geografiche e, quindi, la creazione di mappe tematiche.
Il dato georiferito
Le elaborazioni più comuni in GIS utilizzano solo due tipi di dati: dati raster o dati vettoriali.
Per capire la differenza tra i due tipi di dati possiamo fare riferimento a dei semplici esempi che ognuno di noi ha sotto mano ogni giorno.
Dato raster: detta in soldoni, un raster è una matrice (tabella) in cui ogni cella contiene un unico valore. Se prendiamo ad esempio una fotografia e zoomiamo l’immagine il più possibile, ad un certo punto ci accorgeremo che la fotografia si scompone in tanti quadrettini, ognuno riconoscibile per il colore (da leggere come valore numerico), solitamente diverso dai quadretti circostanti. La totalità della figura viene persa, ma resta definita l’informazione relazionata al signolo quadretto. Quest’ultimo prende il nome di pixel dell’immagine, ed ogni pixel registra una singola informazione che, nel caso della fotografia, è il colore.
Ogni pixel è in realtà una cella di una matrice ordinata, a cui è legata una posizione in x e in y (latitudine e longitudine), come nel gioco della battaglia navale.
Il dato registrato dal pixel è sempre un valore numerico, il quale può corrispondere a cose diverse dal colore, come l’altitudine, la presenza/assenza di un corso d’acqua o di una abitazione, la popolazione presente in una data area e così via. In poche parole, può registrare qualsiasi tipo di variabile a condizione che questa sia univocamente riconoscibile.
Con corretta dimensione e risoluzione, l’immagine appare nitida e finita, con uno zoom eccessivo appare sgranata e scomposta in singoli pixel, comunque ordinati tra loro. Il dato raster nelle mappe funziona allo stesso modo e l'”ordine” dei pixel è dato dalle coordinate ad essi associate.
Il dato vettoriale, invece, non ha una forma finita, ma è il risultato di una funzione matematica adimensionale. Ciò significa che per quanto io ingrandisca l’immagine che sto analizzando, la figura vettoriale che ho disegnato resterà sempre a margini definiti, non sgranerà mai.
Essendo ciascun vettore una entità a sè stante, contrariamente al dato raster, ogni vettore può essere correlato a più informazioni, . Ad esempio, ad un punto sulla mia mappa posso mettere in relazione il nome della via, il numero, il CAP della località, se all’interno di una cittadina o in area rurale, quante persone abitano nella zona, ecc.ecc. Non ci sono limiti alle informazioni che io posso legare a quella entità. Le informazioni saranno registrate in una o più tabelle (matrici di dati) di riferimento.
Il dato vettoriale può essere di tre tipi: un punto, una linea o un poligono.
Una località cercata su Google Map è un punto vettoriale, a cui sono associate infinite informazioni.
I dati GIS sono registrati in file. La ESRI, società leader incontrastabile nel settore, ha formalizzato i dati vettoriali nel formato shapefile (.shp), attualmente il formato più diffuso al mondo per questo tipo di dati. Uno shapefile è un pacchetto di file, composto di almeno 3 file distinti: un file .shp contenente le geometrie vere e proprie, lo shape index format (.shx) che gestisce lo zoom della feature (o vettore) ed il file degli attributi (.dbf) che contiene le informazioni (attributi, per l’appunto) relative alla singola feature. L’altro file necessario per localizzare spazialmente le geometrie contenute nel file .shp è il formato di proiezione (.prj), contenente un testo che descrive il sistema di coordinate e la proiezione geografica dello .shp stesso. Altri file possono essere correlati allo stesso shapefile, e per una lista completa si rimanda alla corrispondente pagine wikipedia.
Come detto, il formato .shp permette di registrare e gestire il dato vettoriale.
Per la gestione del dato raster, i formati comunemente più utilizzati sono abbastanza conosciuti anche nel mondo della grafica. Possono essere .png, .jpg, .tif, e le coordinate di riferimento sono registrate in un file correlato, anche questo contenente i riferimenti per la georeferenziazione del raster in un software GIS.